lunedì 22 aprile 2013

SINCRONICITA' METROPOLITANE - PAROLA DI JUNG


Non credo di esagerare dicendo che è il maschio più meritevole che mi sia capitato sott'occhio in sei anni di vita milanese. Come definizione è riduttiva, certo, ma è quella che più si presta a delineare il soggetto.

E' la quintessenza del maschio alfa metropolitano, e c'è tutto.
Alto ma non troppo, diciamo sul metro e ottanta, ché non mi sono mai piaciuti gli uomini troppo alti. Slanciato e fisicamente impeccabile, perfettamente in linea con ciò che ci si aspetta dal suddetto maschio alfa metropolitano in età compresa tra i 30 e i 35, vale a dire: nei primi anni di carriera, fresco e pieno di promesse, sotto ogni punto di vista. Non ancora deformato dal troppo e dal poco di una certa vita, che di solito si manifesta dai 40-45 anni in avanti: troppo stress, troppi aperitivi, troppi soldi, troppe donne, troppa superficialità, poche buone abitudini, pochi ideali rimasti eccetto quello del carpe diem più che puoi.

Ma non divaghiamo. 

Insomma, lui è alto e ha questo corpo slanciato e ben proporzionato, con l'andatura elastica e flessuosa. Non è troppo magro - no - come quei metrosexual del cavolo che vestono jeans più skinny dei tuoi, ma non è nemmeno imbolsito da anni di vizi, sregolatezza e carrierismo.

Sicuramente gioca a tennis. Non è il tipo da partitella a calcetto, ca va sans dire. E' individualista. Più che sportivo è competitivo.
E' moro, con quel viso lì e quel sorriso che compare furtivo insieme allo sguardo furbo di chi non te la racconta proprio giusta.

Non è la bellezza feroce di F., no. Non ha lo sguardo verde e il taglio degli occhi obliquo di chi - lo capisci subito - ti mangia in un boccone. No. Uno come F., a 30 anni e a Milano, avrebbe già fatto il suo tempo sulle pagine di moda di qualche magazine patinato, e anzi starebbe già iniziando a riciclarsi come fotografo o cose del genere. Ché, si sa, la bellezza è effimera.

No, lui è più discreto. I lineamenti sono scolpiti ma senza durezza, la mascella è virile ma non assassina, lo sguardo è scuro e penetrante ma soprattutto presente, acuto.
Me lo immagino comunque del segno dei gemelli, magari sbaglio, ma me lo immagino così.

Sì, lo immagino, perchè io questo maschio alfa metropolitano non lo conosco.

Ci incrociamo da due anni con cadenza regolare e ubicazioni disparate, e in questi due anni ho raccolto di lui informazioni essenziali ma a tutt'oggi ancora troppo scarse per dire che 'lo conosco'.
So che gli piacciono fanciulle scure di capelli, basse di statura e con la faccia anonima.
Ora, io questa legge dell'attrazione proprio non la capisco, eppure la riscontro applicata con la stessa esattezza di un teorema. Uno si aspetta che il maschio alfa si accoppi con la femmina alfa, invece il maschio alfa rivela una strana addiction per la tipa obiettivamente un po' insignificante. E vabbè. Il sex symbol poi, puttaniere patentato, dal fascino ancora più sfacciato del nostro suddetto maschio alfa, quello che sprizza perversione e trasgressione da tutti i pori, invece di stare con la Eva Henger del caso sta con la fanciulla dal sorriso dolce e dalla bellezza rassicurante. 
Vorrei fare uno studio al riguardo. Credo che ognuno cerchi nell'altro la salvezza ai propri demoni interiori, l'equilibrio. E queste coppie così apparentemente sbilanciate hanno una capacità di durata e di resistenza impressionante. Sembrano tenute insieme con la colla.

Comunque, la prima volta con il mio moro misterioso è stata in palestra. Per qualche mese abbiamo frequentato la stessa palestra, dove lui veniva ad allenarsi rigorosamente in coppia con la fidanzata moretta. Lei: parvenza di assoluta indifferenza verso quel bendidio che aveva accanto. Lui, attento e gentile con lei, ma con lo sguardo-scanner. Lei, indifferente a tutto. Lui, attento ad ogni particolare. Lo sguardo di lui, più volte su di me. Più volte a giocare con le occhiate, a flirtare e a sorridere con soddisfazione quando il gioco veniva ricambiato.

Per mesi ho continuato a sperare di ritrovarlo, ma niente. Volatilizzato.
Finché un giorno, ero a pranzo con un amico nella zona della palestra, ecco che mi rivedo Mr. Sorriso, in abito da lavoro, smagliante più che mai. Incrociamo gli sguardi, di nuovo.

Passano i mesi, di nuovo sparito.
Lo incontro ancora in un giorno festivo in cui Milano era mezza vuota e io non so perché mi trovavo a vagare distrattamente per le vie dello shopping. Ancora lui, ancora che ci incrociamo. Io vado oltre, lui pure. Io mi rigiro per vedere se lui si è voltato. Lui si gira per vedere se io mio sono voltata. Indugia un po', mi fissa. Va oltre.

La cosa buffa è che ogni volta non lo riconosco mai subito. Lo vedo e l'occhio manda al cervello un segnale diretto e immediato di interesse. Sbatto gli occhi e lo guardo meglio. Solo a quel punto focalizzo la cosa e capisco che è di nuovo lui, il mio misterioso Mr. Moro.

Un'altra volta, sono a far spesa in quel supermarket del centro, è tardi, sono quasi le 21. Sto uscendo, pensierosa, con i sacchetti in mano. E mi imbatto di nuovo in lui, che sta entrando, col suo solito passo spedito, la postura eretta e lo sguardo fiero dietro un paio di occhiali dalla montatura scura. Con gli occhiali è ancora più lui, penso. E' ancora più dannatamente affascinante, intellettuale e proprio tanto, tanto fico

Ma stavolta non mi volto. Sorrido tra me e me, pensando con curiosità che mi trovo senza dubbio nel bel mezzo di una di quelle situazioni che Jung chiamava sincronicità (cioè la contemporaneità di due eventi connessi a livello del significato, ma in maniera 'a-causale'. Per capire bene il concetto vi rimando alla lettura del saggio Nulla succede per caso di Robert H. Hopcke). Non so che significato possa avere questo reiterarsi di incontri col bel moro, ma smetto di chiedermelo e soprattutto smetto di smaniare per cercare di accalappiarlo, ho la ferma consapevolezza che il destino, al momento giusto, svelerà le sue carte.

Passano ancora diversi mesi e comincio a pensare che probabilmente sia andato all'estero per lavoro. Non so perchè all'estero, ma mi immagino questo. Fattosta che non lo incontro più.

Una sera poi, sto mangiando una pizza nel dehor di un locale sui Navigli. A un certo punto passa una coppia che si tiene per mano. Lei è una moretta piccola di statura, lui moro alto e in abito da lavoro. Si china un po' per poter parlare con lei, ma solo impercettibilmente, perché la postura eretta non la abbandona mai. E' lui. "Ah però" - penso - "La coppia regge, e con che tenerezza ancora si tengono per mano". Guardo meglio: non è lei. E' un'altra. Fidanzata numero due, fatta in serie.

C'è un attimo di impasse, perché stavolta la sorpresa è noteveole e non riesco a distogliere subito lo sguardo, ma lo faccio un attimo prima che lui mi veda. Sono un po' turbata stavolta. Dopo un po' ripassano, ancora mano nella mano, e la mia mente prende a vagare. Mi sento strana, stavolta, quasi infastidita, e non capisco il perché. Credo dipenda da questo lampo fulmineo di percezione: la coazione a ripetere di questo collezionista di fanciulle mignon dall'aspetto anonimo. Esattamente il contrario di ciò che sono io. Ripenso al suo sorriso vagamente beffardo nell'accorgersi dei miei sguardi in palestra. E penso che questo maschio sia da inserirsi nella categoria 'guaio'. Per il momento ci siamo sempre e solo sfiorati, incrociati, mancati. Ma la storia è surreale e divertente, perché io non ho dubbi che prima o poi il nodo verrà al pettine. Sono intimamente consapevole che il destino abbia già in nuce un suo piano e che io e Mr. Moro ci incontreremo ancora casualmente, fintantochè capiterà qualcosa per cui mi dirò: adesso si spiega tutto. Sono impaziente e curiosa, eppure, come ogni volta in cui avverto il potere del caso come frutto di un disegno più grande ed estraneo al mio libero arbitrio, mi sento anche serena, rassicurata del fatto che il posto in cui sto sia quello giusto. Quel maschio, però, è un guaio. Lo so. Ma non posso fare a meno di immaginare di scoprire quanto possa essere pericoloso.

(Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale © Riproduzione riservata)

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