martedì 9 luglio 2013

PASSIONI E DESIDERI: IL LATO NASCOSTO DI UN RIFIUTO


Qualche giorno fa ho visto Passioni e Desideri, regia del brasiliano Fernando Meirelles (The Constant Gardener - La Cospirazione). Ero un po' scettica: il titolo nella versione italiana è talmente banale che il mio inconscio si è rifiutato di pronunciarlo, quando sono arrivata alla cassa del cinema Apollo a prendere i biglietti. Infatti ho chiesto due biglietti per Passioni e... non mi veniva il resto. Alla fine me la sono cavata dicendo "Qualcosa con passione!" La bigliettaia ha sogghignato.

Molto più intrigante il titolo originale 360. Inspiegabili - o forse fin troppo chiari? - i motivi di una traduzione italiana così ruffiana. C'è l'ispirazione abbastanza esplicita al Girotondo di Arthur Schnitzler (1897) nella sceneggiatura di Peter Morgan (Frost/Nixon - Il Duello, Hereafter) dove le storie sono tutte concatenate, come a formare un unico grande cerchio (360°, appunto). 

Visto il tema non certo nuovo (amore, passione, tradimento), il rischio di incappare nella saga del luogo comune era alto, eppure sapientemente evitato. Le storie dei protagonisti sono collegate tra loro in maniera impeccabile, fluida e mai banale. Nella fila dietro di me c'era una coppia che commentava ogni cosa, ma invece di infastidirmi, mi incuriosiva a livello antropologico sentire cosa dicevano, e accorgermi che ogni loro supposizione o commento si rivelava puntualmente inesatto. Perchè questo film è intelligente e ben fatto, e non scivola mai nella prevedibilità dei clichè. Anzi, pare che sceneggiatore e regista si divertano proprio a sorprendere il pubblico, della serie: pensavate di saper già tutto? E invece no.

Nel cast, costituito perlopiù da attori sconosciuti, troviamo Jude Law, la sempre bellissima Rachel Weisz e il magistrale Anthony Hopkins, che interpreta a mio parere il personaggio più complesso e interessante di tutto il film.

La storia si snoda fra Vienna, Londra, Parigi, Denver (USA) e il Brasile. Una ragazza (Lucia Siposova) decide di cominciare a lavorare come escort. La troviamo a Vienna nello studio di un fotografo/magnaccia, accompagnata dalla sorella, che tenta di riportarla sulla retta via: le due sembrano il diavolo e l'acqua santa. Eppure, sotto sotto si capisce che per quanto una faccia la puttana e l'altra sia una pseudo-suora sono fatte della stessa pasta. Entrambe con la stessa aspirazione ad una vita migliore, pragmatiche e decise a guadagnarsela, ognuna a modo suo. E non sembra che ci sia così tanta differenza - in sostanza - tra le soluzioni adottate dalle due. Blanka - questo il nome "d'arte" che la ragazza si sceglie - affronta la sua nascente carriera di escort con la stessa determinazione e lo stesso spirito pratico con cui la sorella legge libri e studia inglese per potersene andare dalla loro terra d'origine, la Slovacchia, aspirando ad un altrove migliore.

Tra le diverse storie e i tanti personaggi che si intrecciano in questo film, mi ha colpito un dettaglio che ricorre: il rifiuto. Solitamente, prendiamo un rifiuto - umano, professionale - come una sconfitta personale, un qualcosa che implica un nostro problema. Ecco, da questo film emerge chiaramente come basti ampliare un po' la prospettiva per capire che spesso le ragioni del rifiuto sono all'opposto di quello che possiamo immaginare. Anzichè da nostre lacune, spesso il rifiuto è causato da qualcosa di sè che l'altro vede riflesso - o catalizzato - in noi e che lo spaventa. Qualcosa di forte che l'altro teme di non saper gestire, dunque rifiuta.
 
Laura (Maria Flor) torna in Brasile da Londra, dove ha lasciato con un messaggio via webcam il fidanzato traditore. Rimane bloccata in aeroporto a Denver e lì incontra Tyler (Ben Foster). Ha bevuto troppo, per dimenticare i dispiaceri, è bloccata in quel non-luogo ed è decisa ad essere, per quello spazio di tempo, una persona diversa: fa di tutto per sedurre Tyler, nonostante il visibile disagio di lui. Alla fine lui la rifiuta con tutta la sofferta fermezza di cui è capace. Lei si dispera. Perchè? Perchè tutti gli uomini la rifiutano? La realtà è che Tyler è un ex stupratore seriale alla sua prima libera uscita dal carcere. Il suo istinto lo farebbe saltare addosso a Laura, ma è in crisi, deve frenarsi, deve controllarsi. E soffriamo con lui in questa sua prova eroica e difficile, mentre Laura si chiede cosa ci sia in lei che non va. 

Poi c'è Valentina (Dinara Drukarova) che viene licenziata dal dentista per cui lavora e di cui è innamorata. Lui, musulmano, è follemente innamorato di lei, ma la sua religione non gli consente di desiderare una donna sposata. Peggio, l'attrazione per lei lo distrae dalla sua professione. Lei, che nel frattempo si era decisa a lasciare il marito, percependo una reciprocità nell'interesse verso il suo datore di lavoro, non capisce più niente. Cosa ha sbagliato per essere licenziata?

E poi c'è il fotografo esordiente che ha una storia con Rose (Rachel Weisz) moglie, madre e con una carriera brillante nell'editoria. Lui è sinceramente innamorato di Rose, lei - oltre a ricambiare la sua passione - lo fa anche lavorare per il suo giornale. Ma a un certo punto non ce la fa più, capisce che la storia la fa deviare troppo dal suo percorso, così mette la parola fine, non perché non sia presa da lui ma perché rischia seriamente di perdere la bussola. E quel giovane fotografo improvvisamente si trova ad avere meno servizi sulle pagine della rivista. "Lo abbiamo utilizzato troppo negli ultimi mesi" - si giustifica lei durante una riunione di redazione.

Tre situazioni diverse, eppure simili: il rifiuto è bruciante, soprattutto perchè incompreso da chi lo riceve. Tutti e tre i personaggi si chiedono cosa ci sia in loro che non va, a livello umano o professionale, senza rendersi conto che il problema è dell'altro, che non è in grado di gestire un desiderio eccessivo. Mi viene da pensare a quanti fraintendimenti di questo tipo ci sono nella vita quotidiana. Ogni situazione infatti non è mai un atomo a se stante, siamo noi che la percepiamo dalla nostra prospettiva soggettiva. Essere rifiutati o ignorati fa male, spesso lo prendiamo come un fatto personale. Eppure, è illuminante rendersi conto di come a volte ci siano a monte motivazioni che vanno molto oltre, e che anzi spesso è il contrario: è il desiderio più forte, quello che temiamo possa farci mandare all'aria il nostro castello di certezze quotidiane, quello da cui spesso si fugge e che porta al rifiuto. C'è chi preferisce - o deve - reprimerlo, allontanando il più possibile da sè la sua fonte di instabilità emotiva.

Adesso che è tutto più chiaro, mettiamoci il cuore in pace.

(© Riproduzione riservata)

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