lunedì 31 gennaio 2011

LA VERSIONE DI BARNEY - IL DISCORSO DEL RE

C'è voluto un bel po' di tempo - sembrava che le circostanze si ostinassero a impedirmelo - ma finalmente la settimana scorsa sono riuscita a vedere "La versione di  Barney". E... 1) Mi è rimasta indelebile in testa la bellissima "I'm your man" di Leonard Cohen, parte della colonna sonora; 2) Mi sono ripromessa di leggere quanto prima il libro di Mordecai Richler, sperando che mi faccia innamorare come non è riuscito a fare il film.

"La versione di Barney" (presentato in concorso a Venezia 67) mi è piaciuto. A chi mi ha chiesto un giudizio ho risposto "molto bello", ma non mi ha preso l'anima. Fondamentalmente credo che il problema sia la lunghezza. Troppi eventi, troppa vita, troppo lungo e pieno il film, anche se Paul Giamatti - Barney e Dustin Hoffman  nei panni del padre Izzy formano una coppia fantastica, entrambi molto bravi. Ho provato però una sincera antipatia per la perfetta e angelica Miriam (Rosamund Pike), e  un'istintiva indignazione per la banalità di come un amore tanto grande e un  matrimonio come quello fra lei e Barney siano collassati causa una scappatella di Barney, con  lui che candidamente confessa il misfatto dicendo che "non era stato importante". Ossignùr. Scene da telenovela che non ci stanno in un film che aspira al capolavoro. O forse quello che il regista (Richard J.Lewis) ci ha voluto mostrare è proprio il lato ridicolo della vita, la leggerezza delle circostanze che possono portare a pesanti conseguenze, spingendo in direzioni opposte due destini legati a doppio filo? Non so. Lì per lì - più che la superficialità delle circostanze terrene  - ho notato solo la superficialità del trattamento cinematografico. 

Però, le quotazioni si rialzano dopo, quando Barney inizia il declino, colpito dall'Alzheimer, e lì il regista  è bravo, ci conduce per mano e ci fa sentire il dolore di questa malattia che ti toglie tutto, a partire dalla cosa più bella: i ricordi. E quando Barney si compra la tomba doppia pensando a Miriam e i figli dicono che lei adesso è sposata con Blair ma solo "finchè morte non li separi", perchè poi potrà tranquillamente starsene in santa pace nella sua tomba accanto all'amore della sua vita, Barney, lì c'è poesia pura e la lacrima che minaccia di scendere. Solo per questo varrebbe la pena vederlo. Non aggiungo altro. Un film imperfetto, probabilmente troppo ambizioso e zelante nella sua smania di racconto, ma alla fine gli si perdona perchè ce la dà la famosa botta allo stomaco, e ci scuote, ci fa sentire quanto la vita sia fuggevole, breve e precaria, ma anche quanto adesso siamo qui, maledettamente vivi.

Questo weekend ho visto invece "Il discorso del Re" ("The King's Speech" è il titolo originale inglese, che a  mio parere suona molto meglio). Il film ha ottenuto 12 nomination agli Oscar, di cui una per la regia di Tom Hooper, regista poco conosciuto ma molto meritevole, anche se la candidatura più azzeccata è quella di Colin Firth come miglior attore protagonista (già l'anno scorso era stato candidato per "A single man"). Firth interpreta Bertie, Duca di York e secondogenito di Re Giorgio V, affetto da una grave forma di balbuzie che gli rende impossibile parlare in pubblico, cosa che la sua carica richiede. Soprattutto da quando il fratello maggiore David, erede al trono, fa di tutto per evitare di diventare re, e alla morte di Giorgio V Bertie deve suo malgrado assolvere ai suoi doveri. Dopo estenuanti trafile di terapeuti che non trovano soluzione per il suo problema, Bertie e la fedele moglie Lady Lyon - interpretata da una bravissima Helena Bonham Carter - incontrano finalmente il logopedista Lionel Logue, un Geoffrey Rush altrettanto meritevole di statuetta quanto Colin Firth, se non di più (è candidato come best supporting actor). Logue riesce a superare la diffidenza e la disillusione iniziale di Bertie, instaurando con lui un clima di fiducia che pian piano si trasforma in una vera amicizia, e con i suoi modi spicci, tanto esercizio, tecniche di rilassamento e soprattutto comprensione umana, riesce a far superare il problema a Bertie, che salirà al trono come Giorgio VI e terrà il suo discorso alla nazione niente meno che  in occasione dell'imminente seconda guerra mondiale. 

Nell'interpretare il re balbuziente, sovrastato da complessi di inferiorità e traumi infantili, terrorizzato all'idea di salire al trono, ingessato nell'etichetta eppure umano e affettuoso con la famiglia,  Firth è magistrale, così come Geoffrey Rush nel ruolo dell'eccentrico logopedista australiano, attore mancato, che coi suoi modi bruschi vive la missione di aiutare le persone ad esprimersi, non solo a parole. Dal bambino al futuro re. Tuttavia due più due non fa sempre quattro, e infatti non bastano due interpretazioni magistrali, un'ottima regia e un'interessante fotografia per rendere questo film un capolavoro: manca infatti una sceneggiatura forte. La storia, sulla carte intrigante e dalle grandi potenzialità, risulta invece poco sviluppata. Dopo la prima metà del film tutto si ripete e la noia incombe. Non c'è evoluzione nei personaggi, se non ad un livello molto superficiale e strettamente legato al superamento della balbuzie di Bertie. La psiche del futuro re, i rapporti complicati con la famiglia di origine e quelli in apparenza idilliaci con la moglie e le figlie avrebbero meritato una maggiore incisività, un taglio più profondo, meno didascalico.
Nell'attesa del verdetto degli Academy, vi consiglio comunque di andarlo a vedere.

4 commenti:

  1. Non sono d'accordo. "La versione di Barney" è uno splendido film ottimamente interpretato e che alla fine invoglia a leggere il libro: dissacrante, divertente, brioso e assolutamente non banale, il personaggio di Barney mi ha fatta innamorare. Barney è preso d'amore "vero" nei confronti dell'odiosa- cretina- attuale moglie rampante, perennemente solo in carriera. "Il discorso del re" è un condensato di splendide atmosfere inglesi che ricordano "The Queen" e "Quel che resta del giorno", incentrato, come i precedenti, su un tema non scontato e anzi a molti sconosciuto, che non annoia affatto lo spettatore. Da vedere, assolutamente, entrambi.

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  2. Ciao! La voglia di leggere "La versione di Barney" è venuta anche a me dopo aver visto il film, infatti il volume rosso dell'Adelphi è già pronto sulla pila dei libri, in attesa del momento buono per inaugurarlo. E ti dirò: sento che mi conquisterà più del film. Che cmq come ho scritto mi ha emozionato, ma trovo che abbia alcuni difetti, in primis i troppi eventi condensati. "Il discorso del re" invece ha un tema particolare e un'interpretazione fantastica sia di Firth che di Rush, ma personalmente dopo la prima metà l'ho trovato ripetitivo. Cmq sono sicuramente due film di grande valore,pur con qualche aspetto discutibile, quindi li consiglio anch'io entrambi. A presto!

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  4. Ciao Dujour, scusa il ritardo nel risponderti! Grazie per essere passata di qua e per l'apprezzamento al mio blog. Se ti piace l'ambito food ti consiglio anche www.milanotoday.it/blog/cucina dove scrivo di ristoranti ed eventi legati al cibo a Milano.
    Per adesso ho dato una sbirciata ai tuoi blog, con più tempo approfondisco e ti seguirò sicuramente! A presto!

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