Viveva proiettato in avanti Michel Petrucciani. Non raggiungeva il metro di altezza, aveva le ossa fragili e doveva essere portato in braccio come un bambino, ma in quel corpo di 90 cm affetto da nanismo e osteogenesi imperfetta condensava un talento smisurato per il piano e una fame di vita fuori da ogni schema.
Era speciale Petrucciani, aveva mani sproporzionate rispetto a quel corpo piccolo che parevano voler sfondare il pianoforte quando suonavano, con una velocità non concessa ad altri esseri viventi.
Era speciale Petrucciani, aveva mani sproporzionate rispetto a quel corpo piccolo che parevano voler sfondare il pianoforte quando suonavano, con una velocità non concessa ad altri esseri viventi.
Non camminava eppure viveva ogni istante con la folle intensità di chi arriva all'essenza della vita, delle cose, dell'arte. Quella fame egoista e contagiosa di chi sparge carisma anche da un corpo deforme, la fame di chi non si guarda indietro mai ma vive adesso, vive per l'emozione di vivere. Quel carisma magico che porta innumerevoli donne a innamorarsi di lui, ammaliate e al tempo stesso inquietate dal sentimento verso quest'essere che non si può catalogare. Lui non è come gli altri, lui non è handicappato, lui è diverso perché eccezionale.
E' orgoglioso e arrogante Petrucciani, i suoi demoni sono forti tanto quanto l'angelo del suo talento, che a 13 anni lo portò a suonare di fronte al grande pubblico e a 19 dalla Francia lo fece trasferire a Big Sur, da dove la sua carriera decollò. Ce lo racconta il documentario di Michael Radford Michel Petrucciani - Body and soul, dove la parabola di questo artista è descritta con video originali e le testimonianze di chi lo ha conosciuto e ha vissuto accanto a lui, a partire dalle sue donne, che ne animavano la tormentata vita sentimentale. Le donne che non potevano non lasciarsi travolgere dalla sua energia e dalle sue mani che suonavano le loro corde, dell'anima e del corpo, con la sapienza e il virtuosismo riservato ai tasti del pianoforte. E lui le viveva con tutta l'intensità che metteva in ogni cosa, salvo poi trovare una passione nuova, un amore più travolgente, e allora in un attimo andava oltre, salutava il passato e andava avanti, in 36 anni di vita vissuta nel jazz, nel sogno, nell'arte, e spezzata dalle complicazioni polmonari di una banale influenza, contratta per la testardaggine di voler passeggiare la notte di capodanno del 1999 nel gelo di New York.
Emerge questa figura umana straordinaria dal film. La musica è un sottofondo, i racconti degli amici e delle donne sono il cuore del documentario, e pitturano il quadro di un uomo - di un artista - fuori dal comune, descrivendone i pregi ed edulcorandone i difetti. A tratti indugiando un po' nelle ripetizioni ma comunque emozionando, come nelle testimonianze del figlio Alexandre, che ha ereditato la stessa malattia del padre: commovente la scena in piscina dove lui dice che a volte si immagina di vivere - eroe normale - in un mondo di giganti. Perché chi lo decide qual è la norma e quale l'eccezione?
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