lunedì 24 ottobre 2011

L'AMORE CHE RESTA

E’ come una poesia l’ultimo film di Gus Van Sant, 'L’amore che resta' ('Restless' nel titolo originale).  Il tema è la morte: vissuta, sofferta, attesa, rifiutata e poi metabolizzata grazie al gioco e all’ironia.
Protagonisti sono Enoch (Henry Hopper, figlio di Dennis)  e Annabel (straordinaria Mia Wasikowska, l'Alice in Wonderland di Tim Burton ): i due si conoscono al funerale di un amico di Annabel. Enoch ha l’abitudine di frequentare funerali rigorosamente in abito nero, Annabel invece si veste sempre da uomo. Lui ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale, al quale è sopravvissuto dopo essere finito in coma ed aver assaggiato la morte per tre minuti. Vive con la zia, è stato allontanato da scuola e ha un amico immaginario: Hiroshi, ufficiale di marina giapponese morto durante la seconda guerra mondiale.
Annabel invece è fissata con gli uccelli, che studia e classifica, così come fa con i dolcetti per allontanare le paure. Il suo preferito è l’uccello canoro, che teme di morire ogni volta che cala il sole e ogni mattina canta per la gioia di essere sopravvissuto. Enoch ha un ciuffo biondo ribelle sulla fronte, Annabel gli occhi enormi e il sorriso sempre pronto a schiudersi. Lei dice che vestirsi di nero ai funerali è demodé, oggi si usa vestirsi colorati per rendere meno tragico il giorno. Dice anche di essere volontaria in un ospedale per malati di cancro: in realtà non è volontaria, è paziente.
Annabel ha un tumore maligno al cervello e ne parla a Enoch: lui non si dispera, le chiede solo 'quanto?'. 'Tre mesi' è la risposta. 'Si possono fare un sacco di cose in tre mesi!'.
E così i due le fanno: in mezzo ci stanno una surreale notte di Halloween, lo studio degli uccelli, le partite di baseball, le trasfusioni di Annabel e il suo rinnovato guardaroba anni ‘60, e tante altre cose, compresa la messa in scena della morte di Annabel. Perché solo giocandoci, solo vedendo sempre più da vicino questa oscura nemica, è forse possibile accettarla, comprenderla.
La poesia è la chiave di lettura di questo film, dove la trama è semplice e nota fin dall’inizio: quel che conta è lo sviluppo, la purezza di un sentimento che nasce tra due anime lucidamente consapevoli della precarietà delle cose terrene e di quanto delicato sia lo stare al mondo. La fotografia ci regala scene luminose, vivide e lievi: dal bianco del corridoio d'ospedale al giallo dei campi di grano, all'immagine di due ventenni al tavolo di un fast food che è già come il ricordo di quel che non ci sarà più.
Gus Van Sant costruisce una storia reale con personaggi surreali, onirica e dolce come solo la morte - la consapevolezza della fine - può esserlo.  Perché il sentimento più puro non può essere che quello che sfocia nella morte, e ciò che rimane è ‘L’amore che resta’.

2 commenti:

  1. non ancora visto, per gus è sempre quanto meno interessante...

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  2. L'atmosfera malinconica mi ha fatto pensare a 'Drugstore Cowboy', che ho rivisto di recente al Milano Film Festival

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